Bruno Berni di CFI Group analizza difficoltà e opportunità nel monitoraggio del canale on-trade ed evidenzia l’importanza di database accurati e feedback dei consumatori.
Di Emanuele Fiorio
Nell’affascinante universo del vino, le sfide legate alla distribuzione e al monitoraggio dei canali sono temi di grande rilevanza e attualità. Abbiamo avuto il piacere di discutere di questi argomenti con Bruno Berni, Responsabile Business Development di CFI Group, che ci ha fornito una panoramica approfondita e illuminante sulle dinamiche che le aziende vinicole, e non solo, affrontano nel panorama distributivo odierno.
Berni ci ha spiegato come, nonostante le aziende più strutturate riescano a raccogliere dati significativi sui mercati retail, il settore Horeca rappresenti un terreno più complesso a causa della sua frammentazione e delle numerose variabili in gioco. Ha sottolineato la necessità di sviluppare strumenti e modelli che permettano di tracciare meglio il percorso dei prodotti, oltre a evidenziare l’importanza crescente del trade marketing e della presenza fisica sul territorio.
La conversazione ha toccato anche aspetti cruciali come la gestione dei database di contatti, spesso sottovalutati, e l’importanza di raccogliere feedback diretti dai consumatori. Abbiamo esplorato insieme le dinamiche attuali e le tendenze che influenzano le preferenze dei consumatori, oltre alle sfide e agli strumenti necessari per coinvolgere le giovani generazioni nel mondo del vino.
Una testimonianza preziosa per il progetto Amorim Wine Vision, capace di offrire una prospettiva qualificata e approfondita sulle complesse dinamiche della distribuzione del vino, sull’importanza cruciale di una gestione efficace dei dati e di una presenza attiva sul territorio per conquistare il mercato e soddisfare le aspettative dei consumatori.
Quali sono le principali sfide che le aziende vinicole (ma anche di altri settori) affrontano nel monitorare i canali di distribuzione sia retail che Horeca?
Nel mondo retail e GDO le aziende minimamente strutturate sono in grado di raccogliere dati sul mercato (sell-in, sell-out, quote di mercato etc…). Anche se bisogna precisare che, scendendo su dimensioni aziendali più piccole, rilevo una scarsa attenzione nell’investire su questi aspetti.
Sicuramente molto più problematica è la situazione per quanto riguarda l’Horeca, un settore fondamentale visto che il consumo fuori casa in Italia vale il 30-40% delle vendite di vino. Ci sono due fattori che determinano questo contesto: il primo riguarda la grande frammentazione del mercato dal punto di vista dei punti di consumo, caratterizzati da una variabilità molto elevata (dal chiringuito alla baita di montagna). Il secondo fattore riguarda il fatto che l’Horeca è un canale lungo, nel quale entrano in gioco operatori, agenti e rivenditori che molto spesso non consentono di fotografare in maniera precisa il flusso di vendita del vino.
Ritengo che nell’Horeca lo sviluppo di strumenti simili a quelli del retail non sia probabile nei prossimi anni. Quello che alcune aziende possono iniziare a fare è dotarsi di strumenti e modelli che le aiutino a capire dove vanno a finire i loro prodotti, ad esempio in relazione alle vendite per territorio, agente, punto di consumo.
Inoltre nel mondo del vino c’è un eccesso di proliferazione di sub-brand. Molte cantine per differenziarsi e per occupare quote e nicchie di mercato hanno creato piccoli brand che però vendono 1000-2000 bottiglie. Questo produce una difficoltà ancora maggiore a monitorare le vendite e fotografare i flussi e rende anche molto difficile avere dei referenti commerciali in grado di proporre alle reti giuste, il prodotto adeguato.
Un commerciale che vende vino ad un locale ha mediamente circa 20 minuti di tempo per proporre i propri prodotti. Per questo si rischia di aver realizzato un bellissimo lavoro a tavolino per poi delegare la vendita ad agenti plurimandatari che non hanno il tempo e la possibilità di proporre adeguatamente il prodotto. In sostanza immettiamo grande qualità di prodotto però non controlliamo bene qual è la catena che porta il prodotto al consumatore, nel locale giusto al prezzo giusto.
Oggi non è più pensabile che una cantina non si avvalga di un professionista di trade marketing che vada sul territorio per proporre i prodotti alle reti commerciali e per vedere come questi prodotti vengono fruiti sui punti di consumo.
È necessario sviluppare sistemi multichannel che, tradotto in pratica, significa vendere sul canale retail, Horeca ma anche attraverso eventi, formazione, manifestazioni, degustazioni presso i luoghi di consumo in locali, enoteche, centri commerciali, ristoranti. Il successo del mio prodotto non si costruisce più esclusivamente in cantina ma dipende dalla mia presenza fisica sul mercato.
Vanno bene i modelli misti, non bisogna abbandonare la cantina ma è fondamentale costruire relazioni dirette con il mercato, devo studiarlo ma anche seguirlo dal vivo in presenza.
Quali metodologie consiglierebbe ad una azienda vinicola per definire e classificare la soddisfazione dei consumatori nei differenti canali di distribuzione?
Qui ci sono due aree inespresse e sottovalutate, in particolare la gestione del database di contatti e dei feedback dei clienti.
Le aziende hanno dei rapporti diretti con i consumatori, ad esempio quelli che vanno a comprare il vino direttamente in cantina o hanno partecipato a degli eventi. Tutte le cantine hanno in casa un database di contatti che viene totalmente inutilizzato, nessuno verifica e gestisce quel patrimonio e spesso non è difficile trovare e-mail errate o obsolete, numeri di telefono a cui mancano delle cifre, dati mancanti e altri errori di questo genere.
Per quanto riguarda i feedback dei clienti, è una questione apparentemente banale ma serve organizzazione e professionalità anche per contattare direttamente i consumatori, chiedendo al telefono una opinione personale e raccogliendo i riscontri. La gente ha piacere di fornire il proprio parere, quante aziende si impegnano in questa attività? Nessuna, il massimo che fanno è la newsletter o gli auguri di Natale.
Quali sono gli indicatori chiave di performance che le aziende vinicole dovrebbero monitorare per valutare i loro investimenti nei differenti canali di distribuzione?
La prima cosa che devo tenere presente è il posizionamento, se voglio vendere un prodotto “value for money” (con un buon rapporto qualità-prezzo, ndr) che possa essere consumato a 360° oggi la strategia deve essere multichannel e gli investimenti di trade marketing e comunicazione devono tenere conto di questa dimensione per presidiare tutti i canali. Quando parliamo di rapporto qualità-prezzo è importante mirare anche al packaging. Lo vediamo anche sui discount che sono migliorati notevolmente dal punto di vista estetico e della fruibilità, superando a volte anche i punti vendita tradizionali.
Dal suo punto di vista, attualmente quali sono le principali dinamiche e tendenze che determinano i comportamenti e le preferenze dei consumatori durante l’acquisto di vino?
Non vorrei dirti delle banalità ma la ricerca è verso la leggerezza, la crescita dei vini bianchi è spiegabile con questa tendenza, la necessità di avere un prodotto semplice e meno pesante abbinata a dei piatti un po’ meno impegnativi. L’altra tendenza riguarda le bollicine perché a fianco dei prodotti più tradizionali si affiancano spumanti Metodo Classico come l’Alta Langa che fino a qualche anno fa i piemontesi nemmeno presentavano. L’aperitivo alcolico sta registrando qualche battuta d’arresto legata anche all’aspetto economico a vantaggio del prodotto analcolico. Il tema del prezzo nei prossimi anni sarà sempre più importante, in Italia i salari si sono abbassati negli ultimi 30 anni ed il potere d’acquisto reale è calato, il consumatore sarà sempre più attento.
Le giovani generazioni, anche nei mercati consolidati, stanno mostrando segnali di abbandono e distacco nei confronti del vino. Quali sono le sfide da affrontare ed i possibili strumenti da adottare per coinvolgere e stimolare l’interesse dei giovani?
Effettivamente per i giovani il vino è agli ultimi posti del ranking delle bevande alcoliche, la dinamica cambia quando iniziano a lavorare ed entrano nell’ottica di considerare il vino un prodotto culturale. Bisogna compiere un lavoro di marketing più approfondito, perché per i giovani il vino sta diventando un acquisto legato alle celebrazioni. Oggi molti giovani non vedono consumare vino in casa, la mia generazione invece è cresciuta con questo prodotto in tavola ad ogni pasto, questo è un tema importante.
Per i target meno giovani l’esperienza della visita in cantina ha un forte appeal ma ha un grosso limite: il prezzo. Anche ai giovani piace molto la dimensione esperienziale ma ciò si scontra con la questione economica. Perciò è fondamentale creare occasioni ed eventi che abbiano un prezzo abbordabile per avvicinarli al consumo di vino.
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