Di Emanuele Fiorio
I candidati cercano aziende con una governance coerente ma devono dimostrare abilità relazionali e costanza: è un business ancora legato ai tempi della natura.
Nell’ambito del progetto “Amorim Wine Vision”, abbiamo avuto il piacere di parlare con Andrea Pozzan, co-fondatore di WinePeople e Responsabile del team Competenze in Rete. Ci ha svelato le sfide e le dinamiche uniche che caratterizzano la selezione delle risorse umane nel settore vitivinicolo, un mondo dove l’esperienza, le competenze e le capacità relazionali svolgono un ruolo cruciale.
Pozzan ha condiviso le sue prospettive su come attrarre e trattenere talenti nel settore vinicolo, le competenze e la formazione essenziale per chi desidera intraprendere una carriera in questo campo e ha fornito preziosi consigli per le aziende che cercano personale di alto livello. Le persone saranno sempre più il cuore pulsante di questa industria affascinante e in continua evoluzione.
Quali sono le principali sfide legate alla selezione delle risorse umane per un’azienda vinicola?
Le aziende vinicole stanno affrontando le medesime difficoltà che stanno fronteggiando tutte le aziende in questo momento storico, in primis la grande competizione nella ricerca di figure professionali specializzate a tutti i livelli, dai potatori alle figure manageriali.
D’altro canto c’è una minore disponibilità da parte delle persone a farsi coinvolgere nel progetto aziendale e a dare piena disponibilità in termini di tempo ed energie a scapito della vita privata. C’è sempre più attenzione a non infrangere equilibri di natura personale.
Nel comparto vitivinicolo c’è anche l’esigenza da parte delle aziende di trovare figure che abbiano già esperienza nel settore. Questo aspetto peculiare, in alcuni casi, limita molto le opzioni.
La leva retributiva non è più sufficiente a compensare i disagi e i sacrifici che una posizione lavorativa comporta. Questo non coinvolge solo il settore vitivinicolo ma dipende dal frangente sociale e storico che stiamo attraversando.
Inoltre il livello retributivo nel settore del vino, con alcune eccezioni regionali, è sempre più allineato a quello degli altri comparti economici in generale: il comparto primario ha in media retribuzioni più basse degli altri settori ma il vino comincia ad avvicinarsi alle remunerazioni del settore secondario e terziario.
Quali sono le competenze e le qualità più importanti che cerca in un candidato per il settore vitivinicolo?
Per i candidati, mi dispiace doverlo dire ancora adesso, avere già una esperienza nel settore del vino rappresenta un lasciapassare molto importante, è una delle caratteristiche chiave da possedere. Parlo di qualunque tipo di esperienza a contatto con il mondo del vino anche attraverso l’Horeca o l’Hospitality.
A livello di hard skill, servono competenze tecniche sul prodotto (non solo per i ruoli legati a vigneto e cantina) e la conoscenza professionale dell’inglese. Le competenze tecniche riguardano anche i ruoli commerciali e marketing.
Se andiamo sulle soft skills, il vino è un mondo di relazioni, quindi al top metterei proprio le abilità di relazione e comunicazione. Ricordo che le abilità di relazione e comunicazione sono coltivabili ma sono molto più legate alle caratteristiche personali.
Serve anche molto resistenza, perseveranza e costanza, un mindset che può premiare perché è un mondo dove i risultati si conquistano giorno dopo giorno e metro dopo metro: è un business ancora legato ai tempi della natura.
Per le figure commerciali in primis, se dovessi identificare la “killer skill” direi una buona conoscenza della lingua tedesca. I Paesi DACH (Germania, Austria e Svizzera tedesca) sono strategici per il comparto vinicolo, un profilo in grado di reggere un dialogo in tedesco possiede una marcia in più. Il consiglio per i futuri manager del vino è studiare tedesco.
Quali sono i cliché e le visioni stereotipate che incontra maggiormente nel suo lavoro di mediazione e raccordo tra le esigenze delle aziende vitivinicole e quelle dei candidati?
Dal punto di vista delle aziende esiste una certa difficoltà, almeno in certi ruoli, a ritenere che manager provenienti da altri settori possano portare un grande valore aggiunto all’interno di un’azienda vinicola.
Tuttavia non riscontro i classici stereotipi legati al genere, i ruoli nel vino sono paritari. Ciò non significa che non ci siano sfide nella gestione del gender gap quando le posizioni si avvicinano ai vertici. C’è più difficoltà a valorizzare le figure over 50, ed è un errore.
C’è poi lo stereotipo secondo cui un candidato che arriva da una precedente esperienza in una grande o prestigiosa azienda del vino sia più valido e maggiormente adatto anche a realtà medio-piccole. Non è così.
Da parte dei candidati c’è una visione idilliaca del mondo del vino, l’immaginario è da “libro Cuore”, un po’ artificiale e forse anche non consapevole delle difficoltà e delle criticità interne a livello manageriale.
Come si differenziano i processi di selezione per i lavoratori del settore vitivinicolo rispetto ad altri settori?
Portare nel mondo del vino dei processi articolati, professionali, una metodologia e un approccio più sistematico è la missione che WinePeople si è posta sin dal principio, in un settore che era basato molto sul passaparola e sulle conoscenze.
Quali sono le strategie per attrarre e trattenere i talenti nel settore vitivinicolo?
Qui si aprono delle riflessioni piuttosto complesse. Innanzitutto i candidati cercano aziende con una governance coerente e orientata alla delega: non vogliono più sottostare a gestioni troppo “familiari”, non strutturate, con ruoli multipli e sovrapposti.
In seconda istanza è necessario un progetto di business chiaro e stimolante con idee e leve strategiche che definiscano precisamente gli obiettivi (ad esempio l’enoturismo o la scelta dei canali di distribuzione). Questo approccio non solo aiuta ad attrarre talenti ma anche a trattenerli.
Al terzo posto metterei la flessibilità (orario, presenza fisica in azienda) e i pacchetti retributivi (quando c’è competizione, i prezzi salgono!)
Quali competenze e formazione ritiene essenziali per chi desidera intraprendere una carriera nel settore vitivinicolo?
Per le figure di specialisti e manager sono rilevanti i percorsi che permettono di acquisire competenze sul prodotto vino, sugli scenari, sulle tendenze di consumo, sui mercati internazionali.
Se durante le selezioni incontro un manager che viene dal settore fashion ma ha seguito dei seminari sull’export, oppure ha frequentato i tre corsi del WSET o conosce, ad esempio, il “Three-tier system” statunitense, chiaramente è favorito.
Trovo sempre più utili e richieste anche le competenze strutturate di gestione e sviluppo del business.
Incontro sempre più enologi che vogliono intraprendere una carriera commerciale: ritorniamo al fatto che nel mondo del vino una formazione tecnica paga sempre. Il percorso tipico che sto vedendo per quanto riguarda gli enologi trentenni è: cantina, degustazioni, vendita e infine trade.
Come si gestisce la formazione e lo sviluppo continuo dei dipendenti nel settore vitivinicolo?
Prima di tutto le aziende del vino devono iniziare a stabilire un budget annuale per la formazione dei collaboratori, da riservare all’aggiornamento e allo sviluppo delle risorse umane. Quando vedono che non c’è crescita e sviluppo se ne vanno.
Serve poi una gestione personalizzata dei bisogni formativi (per tipo di ruolo e per singola persona), ma questo presuppone la presenza di una funzione di gestione delle risorse umane interna che non è ancora così diffusa nel settore vino.
Quali sono le implicazioni legate alle responsabilità sociale delle aziende nel settore vitivinicolo per la gestione delle risorse umane?
Il tema della sostenibilità è ancora molto legato alle scelte legate all’ambiente ma poco agli aspetti sociali. Se pensiamo alle 3 P della sostenibilità (Persone, Profitto, Pianeta), le persone sono al primo posto. Un’azienda che non usa fitofarmaci ma non valorizza le persone non è sostenibile. Uscirà sconfitta dalla competizione sulle risorse umane e di conseguenza il resto sarà relativo, perché il successo delle aziende si basa sulle persone.
Come influisce la stagionalità nell’industria vinicola sulla pianificazione delle risorse umane?
Per quanto riguarda le figure che noi ricerchiamo (specialisti, manager) la stagionalità è pressoché irrilevante. Le cose cambiano sia in vigneto che in cantina, dove i picchi di lavoro legati alle stagioni si fanno sentire e vengono di solito gestiti con l’ausilio di collaboratori temporanei. Un comparto indiretto dove la stagionalità ha un valore è quello dell’enoturismo e dell’Hospitality. Cercare figure stagionali con contratti precari da assumere all’ultimo minuto nel momento del bisogno è un limite. Ciò non avviene se la cantina è in grado di destagionalizzare le proposte e sviluppare strategie per aumentare la crescita qualitativa dell’offerta. Sento sempre più aziende che puntano ad avere risorse interne in pianta stabile, per garantire una migliore qualità.
Quali consigli darebbe a una azienda vitivinicola che voglia avvalersi di consulenti esterni per la ricerca del personale?
Il primo consiglio è quello di mettersi nell’ottica di un investimento, non si ottiene nulla senza un impegno e un sostegno economico al progetto di selezione (c’è chi ancora crede che contattando tante società e sventolando la carota del “ti pago solo se mi trovi la persona giusta” si arrivi davvero a qualche solido risultato).
Io consiglierei di rivolgersi a una società che possa dimostrare di avere una expertise nel settore vino di una certa consistenza. Che sappia comprendere il panorama delle aziende e il loro posizionamento.
Il terzo consiglio è quello di dedicare più tempo possibile alla comprensione del bisogno e alla strutturazione della Job Description, perché la persona che ci serve non è quasi mai quella che abbiamo inizialmente in testa.
Quali sono le sue previsioni in relazione all’evoluzione delle risorse umane nel settore vitivinicolo nei prossimi anni?
Sono davvero convinto che le risorse umane siano destinate a essere al centro delle strategie del comparto vitivinicolo. Dieci anni fa quando abbiamo cominciato a dirlo era ancora qualcosa di profetico, ora sta diventando realtà. Chi rimarrà arretrato in questo ambito potrà fare il vino più buono del mondo, ma avrà serie difficoltà a far crescere il proprio business.
Intervista realizzata grazie alla partnership con Amorim Cork Italia nell’ambito del progetto “Amorim Wine Vision”, un network di pensiero su tematiche tecniche e di attualità legate al mondo del vino, al centro del quale emergono le visioni originali di imprenditori, manager ed esperti, veri protagonisti dell’iniziativa.
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